La residenza dorata. Gli stucchi della Villa di Traiano
Lo scavo di un ambiente ai lati dell’aula tricliniare (ambiente XVIII) ha restituito una ricchissima decorazione a stucco. La parola italiana “stucco” non è di origine latina: al suo posto le fonti romane impiegano un variegato vocabolario. Lo stucco è una miscela di calce, polvere di gesso o di marmo, impastata con acqua e stesa a strati sulle pareti grezze: opus tectorium è il termine che compare più frequentemente e indica genericamente lo strato di intonaco con cui i tectorii foderavano la parete grezza; Vitruvio utilizza anche “albarium” (probabilmente dalla parola latina “album”, bianco) e sembra suggerire una distinzione tra il mero rivestimento delle pareti (opus tectorium dal verbo “tego – tegere”, coprire, ricoprire) e opere in stucco aggettanti o a rilievo, che necessitavano di accorgimenti diversi e una più raffinata manualità. Gypsium era, infine, una sorta di variante nel quale avveniva la sostituzione della calce (idrossido Ca(OH)2 o ossido di calce CaO) con gesso (CaSO4).Non molto si sa di queste manovalanze specializzate, spesso schiavi o liberti riconducibili all’imperatore o a ricche famiglie, presso cui prestavano opera e dai quali, al termine dei loro servizi, spesso venivano affrancati. Non sembra dalla società romana attribuito loro alcun rilievo sociale e di certo la professione era senz’altro sottorappresentata rispetto ad altre categorie. È difficile stabilire dei confronti diretti per le decorazioni a stucco della Villa di Traiano, la cui ricchezza è testimoniata, oltre che dalla straordinaria fattura, anche dalle consistenti tracce d’oro che li rivestono raffinato ad altissima purezza, con titolo 970‰ e il 990‰, dimostrazione dell’assoluta ricercatezza non solo estetica ma anche qualitativa adottata nella realizzazione del sistema decorativo della villa di Traiano, il cui studio, lungi dall’essere oggi esaurito, riserva senz’altro ancora moltissime entusiasmanti scoperte.